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Lui & Lei

Da oriente con amore. Parte prima.


di olimpom
16.11.2022    |    283    |    0 8.0
"Nella, Silvana, Patrizia, Caterina, Anna, Lucia, Silvana ancora e ancora Patrizia: mi scorrevano nella mente, come grani di un rosario, i nomi delle..."
Nella, Silvana, Patrizia, Caterina, Anna, Lucia, Silvana ancora e ancora Patrizia: mi scorrevano nella mente, come grani di un rosario, i nomi delle donne che hanno riempito i giorni del mio ultimo anno o dei miei ultimi anni, in un caldo pomeriggio di fine estate, mentre la tv accesa, senza essere seguita, mandava le immagini delle concorrenti di un concorso di bellezza.
E' una torrida giornata e osservando il ventilatore acceso che smuove a malapena l'aria immobile e densa, mi sembra di essere un detective centroamericano in uno di quegli uffici disordinati di tanti film del genere "cubano". Sono indeciso sul da farsi; qualcosa mi dice che dovrei telefonare alla mia ultima mancata conquista che mi aveva promesso di venire oggi a trovarmi, ma mi ha dato buca, per capirne il perché, ma il mio orgoglio di maschio latino mi frena, mi dice di ignorarla. Potrei accendere il computer e vedere se mi ha scritto "Futura 18", il mio ultimo contatto di "Excite", che dovrebbe essere una gran bella donna, stando alla sua descrizione.
Intanto che ci penso, il mio pacchetto di Merit si sta svuotando, perché continuo ad accendere sigarette una dietro l'altra per placare il mio nervosismo. Non sopporto di trascorrere un caldo pomeriggio d'estate, con i miei bollenti spiriti che non si placano senza fare l'amore, da solo con un pacco di Durex che mi chiede di essere svuotato.
Ripenso, allora, a Nella e mi alzo dalla sedia, mi stendo sul letto di fianco al ventilatore che continua a gracchiare e chiudo gli occhi. La rivedo bella bionda e con gli occhi azzurri la mia giovane ucraina giunta in città per lavoro, che ha lasciato a casa una figlia diciottenne, desiderosa di frequentare l'università, ma che vi avrebbe dovuto rinunciare per mancanza di mezzi perché Nella, pur laureata in Ingegneria, era povera, avendo divorziato da un marito ubriacone e violento, al punto da arrivare ad obbligarla a fare sesso anche in presenza della ragazza.
Mi raccontò che trovò la forza di andar via di casa solo quando il marito toccò il fondo della perversione, in una mattina di una fredda giornata d'inverno.
Approfittando del fatto che il marito era al lavoro lei si era alzata in fretta, aveva riscaldato una pentola d'acqua, aveva preparato la vasca e aveva svegliato la giovane figlia per portarla in bagno ed aiutarla a lavarsi, come faceva ogni tanto in assenza del marito, perché quando invece era presente ed ubriaco non perdeva occasione per punirla di qualcosa, mettendosela sulle ginocchia a pancia in giù e, alzatole il vestito, le abbassava le mutandine e la percuoteva sulle natiche fino a farle diventare rosse,, poi le schiaffeggiava l'interno delle cosce e, poiché la bambina cercava di stringerle per il dolore, lui si arrabbiava ed allora le allargava le gambe e, per costringerla a tenerle aperte, le metteva il palmo della mano aperto sul pube, fino a quando lei cedeva e si lasciava picchiare sulle cosce come lui desiderava. Nella aveva capito che il marito soffriva di un'attrazione morbosa per la figlia e cercava di proteggerla in ogni modo, sottraendola alla sua vista priva di vestiti.
Quella mattina, quindi, sapeva che erano sole e che poteva farle il bagno con tutta calma. La svegliò con un bacio sulla fronte, la sollevò e l'aiutò a scendere dal letto, poi le tolse la canottiera che ormai le stava stretta, perché le era cresciuto un bel seno che le traboccava vicino alle ascelle e che spingeva con i piccoli capezzoli appuntiti contro il tessuto rigido.
Quando rimaneva a petto nudo, la cosa che colpiva di più era la larga e gonfia aureola color bronzo che circondava i capezzoli e che dimostrava quanto la ragazza somigliasse alla mamma anche in questo e di ciò Nella era molto orgogliosa. Poi le abbassò il pigiama e non poté fare a meno di constatare che la peluria bionda che le copriva il monte di Venere era assai rado. La prese per mano ed insieme entrarono in bagno. Mentre la figlia entrava nella vasca, Nella si tolse la vestaglia per essere più libera nei movimenti e rimase in slip, poiché di notte non usava reggiseno.
Aveva appena cominciato a passarle la spugna sulla schiena quando sentì chiudere la porta. Nella chiamò il marito, pensando che fosse rientrato in anticipo, ma non ebbe risposta per cui pensò di essersi sbagliata. All'improvviso, però, vide l'uomo poggiato allo stipite della porta, con in mano una bottiglia di Vodka. Capì che era ubriaco e nel volgere di un attimo decise la tattica da adottare per salvaguardare la sua piccola: sarebbe stata assolutamente accondiscendente senza contraddirlo in nessun modo. Così fece finta di niente e continuò a lavare la sua piccola.
Dalla posizione in cui si trovava, il marito poteva osservarle la schiena bianca e liscia, con un solco profondo al centro, che scendeva fino all'inizio delle natiche sode che sembravano voler uscire dallo slip sottile che copriva appena la morbida vulva divisa esattamente in due come una pagnottella ed ai lati due ciuffi di peli biondi che facevano capolino. Il marito le si avvicinò, si inginocchiò alle sue spalle e le abbassò lo slip.
Nella allora allargò le gambe e contemporaneamente fece un gesto con la mano sulla guancia della sua piccolina, per farla girare verso la parete, in modo che non potesse guardare. Il marito, intanto, le aveva poggiato la punta della lingua nel solco della schiena e aveva cominciato a scendere provocandole dei brividi intensi che divennero quasi insopportabili quando raggiunse il fiore di carne rosa del suo ano e si fermò provando prima piano, poi sempre più forte a spingere, costringendola man mano ad aprirsi e a lasciarlo entrare.
Continuò così per un po' a penetrarla e Nella sperava che smettesse al più presto ed infatti dopo un po' il marito passò a succhiarle il clitoride tirandoglielo forte, fino quasi a farle male; infine le infilò la lingua che sembrava non finire mai nel profondo della vagina e fece su e giù come se avesse un pene al posto della lingua.
Ad un tratto si alzò e Nella sperò di averlo saziato, ma non fu così. Il marito fece scorrere la cerniera del suo jeans e mise fuori un membro mostruosamente grande e nervoso che guardava verso l’alto. Lei non sapeva cosa fare ma non fece in tempo a pensare che si ritrovò quel muscolo dentro la vagina ed il marito che spingendo la costrinse a piegarsi sulla vasca. I suoi colpi erano sempre più forti, ma quel che la turbava di più era il fatto che non poteva controllare la sua “bambina”.
Ad un tratto il marito allungò una mano nella vasca, prese la bambina per un braccio e la avvicinò a se, facendola appoggiare al bacino della mamma con il viso rosso e le labbra socchiuse per lo stupore e lo spavento.
Allora Nella sentì che il membro del marito, sempre più grosso e duro, si sfilava dalla sua vagina come un tappo da una bottiglia di spumante, così girò la testa e vide dall’alto che il marito stava per poggiare il glande viola, completamente scoperto e umido degli umori della vagina di Nella, sulle labbra della piccola, aperte quanto bastava per farvi scivolare la punta del pene.
A quel punto Nella lanciò un urlo, si divincolò dal marito, prese in braccio sua figlia e corse via, entrambe nude, correndo fino a quando non giunse dietro la porta della casa di una sua amica che abitava vicino. Appena entrata prese un telefono e chiamò la polizia, facendo arrestare il marito che fu trovato ancora con i genitali scoperti, completamente ubriaco e sconvolto.

Conobbi Nella un pomeriggio di fine estate. Ero giunto in città da pochi giorni, avevo trovato un monolocale in affitto, già arredato e cercavo una donna ad ore per tenerla in uno stato decoroso. Il sistema più semplice mi sembrò quello di servirmi di una rivista di annunci. Infatti, dopo pochi tentativi, mi rispose un uomo, il quale mi disse di potermi mettere a disposizione una giovane donna ucraina, bisognosa di lavoro, che avrei potuto incontrare per prendere accordi. Accettai subito e la sera stessa ci incontrammo in una piazzetta e senza nessuna negoziazione ci accordammo subito e la donna, Nella appunto, mi accompagnò a casa per rendersi conto del lavoro da fare. Strada facendo mi resi conto che non conosceva la lingua e che era priva del permesso di soggiorno, ma anche della sua bellezza e timidezza.
Giunti a casa le offrii da bere, cercai di metterla a suo agio e lei cominciò a scongelarsi. I suoi occhi brillavano come quelli di un gatto al buio e i suoi corti capelli si poggiavano appena sulla bianca spalla lasciata scoperta da una maglietta di modesta forgia, che le fasciava il busto su una gonna morbida a pieghe, anch’essa poco pregiata ma ben conservata.
Nella teneva la testa bassa quando le parlavo, ma quando socchiudeva le labbra rosa le si apriva una fossetta sul mento che la rendeva ancor più bella. Quando ebbe inteso quelle che erano le mie esigenze, mi disse di voler iniziare subito ed io non ebbi nulla in contrario. Si recò, quindi, nella stanza da letto e dopo un po' venne fuori con una calzamaglia bianca al posto della gonna che costituiva, in pratica, una seconda pelle.
Io rimasi scioccato a quella visione: era di fatto nuda ai miei occhi, il sottile tessuto della calzamaglia aderiva in ogni minimo dettaglio al suo corpo. Al di sotto del perfetto incavo dell’ombelico, lasciato scoperto dalla corta maglietta, si leggeva la protuberanza del suo pube, mentre, al di sotto, le turgide labbra accoglievano la stoffa sottile al loro interno, modellando nel suo percorso due morbidi cuscini di piume su fianchi larghi e sodi. Mentre Nella svolgeva le sue faccende con cura ed energia, io la ammiravo estasiato. Al termine, le chiesi se volesse fermarsi a cena con me. Lei accettò di buon grado, mostrando anche un certo entusiasmo nel preparare una semplice cena per due da consumare senza fretta, ma anche senza indugi. Io ero ormai attratto dal suo splendido corpo ed aspettavo il momento di poterlo dire a Nella senza suscitare in lei una reazione difensiva.
Fu così che appena preso il caffè le offrii una sigaretta, che lei rifiutò con garbo, approfittando per chiedere a me di rinunciare. Io risposi che lo avrei fatto volentieri, a condizione che lei mi desse un bacio. Quasi come un gioco lei avvicinò le sue alle mie labbra, le dischiuse ed io ne approfittai per inserirmi al loro interno e goderne con ogni fibra del mio corpo. Fu un bacio carico di una passione eccessiva che era ricambiata. C’era tra noi un’attrazione che dal cervello si propagava a tutto il corpo.
Senza rendercene conto ci ritrovammo sul letto abbracciati e nudi. Io non mi stancavo di baciarla in ogni angolo del suo splendido corpo, dai seni duri sovrastati da due gonfi capezzoli larghi e neri che facevano un contrasto eccitante con la bianca pelle dei globi sodi. Scesi pian piano giù fin nell’inguine che baciai con la punta della lingua insinuante provocando quasi come un solletico l’immediata apertura delle gambe di Nella, al cui centro pendeva un morbido bocciolo che inghiottii, stringendolo poi con i denti e passando poi ad insinuare la lingua tra le grandi labbra della vagina che rilasciava già i primi umori, le prime gocce di una eccitazione montante, che diventava, man mano che le asportavo, sempre più incontenibile. Sentivo il suo corpo tremare tra le mie braccia che la stringevano quasi preconizzando una fuga improvvisa. Risalii allora con baci estenuanti fino alle labbra divenute prensili come ventose e , aderendo al suo corpo, scivolai pian piano col mio membro dentro il suo guanto accogliente e restando lì per un po' fermo a gustare quella sensazione di umido che dai genitali saliva fino al cervello.
Durò un tempo indefinito quel gioco estenuante di dolce passione fino a quando, in perfetta sincronia, ci svuotammo l’un dentro l’altro in mezzo a piccole e brevi urla di piacere, contenute per non coinvolgere l’intero condominio. Restammo così abbracciati fino a quando Morfeo non ci accolse.
Quando mi svegliai, allungai la mano per cercare Nella, ma strinsi il lenzuolo vuoto. Aprii gli occhi e vidi che Nella non era al mio fianco, corsi in bagno e non c’era. Capii che era andata via ma non me ne preoccupai, convinto che l’avrei sentita l’indomani per sapere cosa avesse provato con me.
Appena mi fui recato al lavoro, il mattino dopo, chiamai Nella a telefono: la voce sintetizzata mi rispose che il numero era inesistente.?!?! Chiamai, allora, l’intermediario il quale con voce tranquilla mi informò che Nella era partita per il Nord-Italia e non sarebbe più tornata; aveva anche lasciato detto che non intendeva rivedermi.
Rimasi, inizialmente, scioccato, poi feci alcune riflessioni e conclusi con un lieve sorriso: Grazie, Nella, per la grande lezione che mi hai dato, pensai. Aveva scelto la strada della fatica, della famiglia, senza coinvolgimenti sentimentali, che l’avrebbero ostacolata nel raggiungere l’obiettivo di raccogliere il necessario per occuparsi della figlia ed era fuggita lontano.
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